Metacomunicazione


Comunicazione e relazione
Il "doppio vincolo"
Deuteroapprendimento



Comunicazione e relazione
Per passare da un dominio linguistico ad uno comunicativo dobbiamo considerare il linguaggio non come oggetto di studio ma come mezzo di comunicazione; l’interesse si sposta sulle azioni comunicative che instaurano relazioni sociali , cioè sull’aspetto pragmatico della comunicazione.
Accanto agli enunciati che hanno come oggetto il linguaggio (detti metalinguistici) dobbiamo analizzare quegli enunciati che hanno come oggetto la relazione comunicativa (detti metacomunicativi). Se riconsideriamo il paradosso di Epimenide, possiamo confrontarne due versioni :

a : "Io sto mentendo" ;

b : "Questo enunciato è falso" .

La versione b si riferisce primariamente al linguaggio, chiamando in causa il concetto di ‘enunciato’ ; possiamo chiamarlo enunciato metalinguistico ; la versione a si riferisce primariamente alla (propria) azione comunicativa ; possiamo chiamarlo enunciato metacomunicativo .

La versione a ripercuote immediatamente l’indecidibilità semantica (relativa al significato da attribuire all’enunciato) sull’indecidibilità pragmatica ; il ricevente non può capire se il suo interlocutore sta mentendo, e non può decidere che atteggiamento tenere. Mentre è facile accantonare un paradosso logico o semantico, il paradosso pragmatico lega gli interlocutori e obbliga il ricevente ad agire, per tentare di uscirne.

I messaggi metacomunicativi, che comunicano sulla propria comunicazione, servono per identificare o caratterizzare tale comunicazione; forniscono elementi aggiuntivi per una corretta codifica ed interpretazione dei messaggi e mostrano l’atteggiamento relazionale dell’emettitore. Essi punteggiano, come gli indicatori metalinguistici, i messaggi cui si riferiscono: dicono di che tipo sono, in che senso devono essere considerati; forniscono, cioè un inquadramento psicologico (Bateson (Biblio,Links)), un contesto nel quale valgono certe premesse e non altre.

Nelle situazioni di gioco, di inganno o nell’umorismo e nella fantasia, il sistema di premesse viene ribaltato.
Queste situazioni comunicative simulano la relazione per cui stanno; in esse si instaura un contesto di premesse potenzialmente analogo a quello del paradosso di Epimenide. Ma i messaggi metacomunicativi che le inquadrano sono spesso impliciti. Nelle situazioni di inganno, è l’omissione intenzionale della metacomunicazione che permette la sua riuscita. Nella minaccia, l’azione che si minaccia di compiere deve sembrare incombente e non semplicemente possibile. Nella retorica, la differenza tra una similitudine ed una metafora sta proprio nel carattere implicito/esplicito della figurazione : anziché "sei forte come un toro", si dice "sei un toro".

In assenza di messaggi metacomunicativi espliciti, il ricevente dev’essere in grado di porsi domande al metalivello, come : "Questo è un gioco ?" ; o : "Questa è una metafora ?" ; e di rispondervi.



Il "doppio vincolo"
Bateson
(Biblio,Links) sostiene che molti ‘disturbi mentali’ sono dovuti proprio all’incapacità di un individuo di riconoscere ed interpretare i messaggi metacomunicativi che dovrebbero dirgli di che genere è il resto del messaggio. A ciò si accompagna l’incapacità di emettere messaggi metacomunicativi e di assegnare il corretto registro comunicativo ai propri pensieri e alle proprie percezioni. Spesso, però, sono le relazioni sociali concrete che, innescando un paradosso pragmatico, impediscono la gestione dei livelli e la metacomunicazione.

Consideriamo una relazione familiare paradossale, innescata, ad esempio, dall’ingiunzione : "Non essere così ubbidiente !". L’asserzione contiene due livelli in contraddizione tra loro : al metalivello, il tipo di asserzione, un comando, contraddice il messaggio al livello oggetto, di non accettare comandi. Il destinatario è preso in un doppio vincolo (Bateson), poiché l’ingiunzione dev’essere disobbedita per essere obbedita e viceversa ; non si può reagire ad essa in modo adeguato. Egli non può neanche non reagire; ma se l’emettitore, implicitamente o esplicitamente, vieta qualsiasi comunicazione sulla propria ingiunzione, il destinatario non ha vie di uscita. Egli non può decidere a quale ordine di messaggio rispondere.

E’ una illusione di alternative, poiché entrambe le soluzioni sono errate (e sanzionate dall’emettitore). Se la situazione viene reiterata nel tempo, lo schema paradossale si stabilizza e la relazione può diventare patologica.

La soluzione del paradosso è possibile solo con l’uscita dal suo schema, che permette di osservarlo e commentarlo dall’esterno. Ciò permette di modificarne le regole o le premesse, che istituivano quello schema paradossale. Ma la natura del doppio legame impedisce al ricevente, anche quando la riconosce, di esplicitare la contraddizione, metacomunicando su di essa .
In questi casi la soluzione più efficace è quella dell’intervento di un soggetto esterno, che renda manifesto il doppio legame e proponga nuove regole non contraddittorie. L’esempio più immediato è quello del terapista nell’ambito della psicoterapia della famiglia. Lo studioso, l’osservatore diviene parte del sistema che osserva e proprio il suo intervento nel e sul sistema ne permette il cambiamento.

L’altra direzione possibile è quella dell’autonomo cambiamento del contesto paradossale da parte del ricevente, che implica i concetti di apprendimento e deuteroapprendimento.



Deuteroapprendimento
Per deuteroapprendimento Bateson (Biblio,Links) intende l’apprendere ad apprendere. Noi lo chiameremmo metaapprendimento. La sua osservazione sperimentale si ha quando un individuo diviene più veloce e abile nell’apprendere. Il contesto epistemologico di questa teoria è costituito dalla cibernetica applicata a sistemi biologici in un ambiente; il sistema applica un procedimento per tentativi ed errori ed un meccanismo di confronto per auto-correggersi (feedback).

Bateson definisce diversi livelli di apprendimento:

Il primo livello di apprendimento consiste nel trovare soluzioni specifiche a problemi specifici.

Il secondo livello di apprendimento, deuteroapprendimento, consiste nell’elaborazione di procedure risolutorie applicabili a intere classi di problemi. L’apprendimento viene generalizzato in una abitudine risolutoria, che viene applicata dopo aver individuato il tipo di problema , cioè dopo aver ‘catalogato’ il problema in una particolare classe. L’abitudine permette di trascurare le premesse del caso particolare e di non riesaminare le premesse della abitudine stessa.

Bateson estende inoltre la classificazione nelle due direzioni.

Il superamento dei paradossi e delle situazioni di doppio vincolo necessita della rottura con il contesto di riferimento, e della sua relativizzazione attraverso il passaggio ad un contesto più generale. L’abitudine risolutoria utilizzata non funziona e dunque occorre considerarla come solo uno dei casi possibili ; il metacontesto, ciò di cui il precedente contesto faceva parte, diviene il contesto attuale di riferimento.

Il passaggio da un livello ad un altro implica la capacità di generalizzazione, attribuendo il caso singolo ad una classe di casi, e di particolarizzazione, applicando le proprietà di una classe al caso singolo. Questo modello logico e gerarchico dei livelli di apprendimento non è, dunque, unidirezionale : l’uomo è in grado di gestire procedimenti induttivi, per generalizzazione (parte > tutto), e deduttivi, per particolarizzazione (tutto > parte) ; è, inoltre, capace di attuare procedimenti abduttivi, cioè il passaggio trasversale parte/parte o tutto/tutto.

Il confronto tra livelli diversi, o la loro semplice menzione, si attua necessariamente a lato della scala dei livelli e ne mostra così le possibili diramazioni. La soluzione di un doppio vincolo implica, comunque, la comunicazione sulla relazione, la quale passa da ‘orizzonte di riferimento’ a caso particolare. E’ il passaggio ad un contesto più ampio che consente la relativizzazione del paradosso, permette, cioè, di considerarlo ‘dal di fuori’.


Watzlawick (Biblio,Links) parla, invece, di livelli di conoscenza.
Il primo livello è la conoscenza delle cose, conoscenza percettiva.

Il secondo livello è la conoscenza sulle cose, quindi conoscenza della conoscenza di primo livello, cioè metaconoscenza.

Il terzo livello è la conoscenza della conoscenza di secondo livello ; è la consapevolezza delle proprie metaconoscenze, le quali concorrono ad organizzare una ‘visione del mondo’ in rapporto alla ‘concezione di sé’.

Ad ogni livello la gestione di oggetti ed eventi crea delle premesse che vengono riutilizzate per la gestione di oggetti ed eventi simili o per il confronto con altri diversi.

Tale concezione di ‘conoscenza’ non deve essere, quindi, intesa staticamente, bensì come processo conoscitivo, alla stregua dell’‘apprendimento’. Ma quando si studia il ‘linguaggio’ o l’ ‘apprendimento’ si tenta di osservare ciò che permette la stessa osservazione, e che permette la concezione della ‘realtà’.

In questo consiste la ricorsività delle scienze cognitive e delle scienze della comunicazione; l’autoreferenza non è solo impasse, è anche un potente metodo autoesplicativo; ed è ineludibile, visto che è alla base dell’esistenza di ognuno di noi.